Giappone a modo mio
Dopo l’ultimo viaggio, nel 2017, ero convinta che non avrei sentito il “richiamo della foresta” per almeno un paio d’anni, ma ovviamente la mia era una pia illusione.
Forse con la complicità delle Olimpiadi 2020 da lanciare, il Giappone mi ha inseguito ovunque per un anno… cartelloni pubblicitari a cura dell’ente del turismo, fiere dell’Oriente, cataloghi e poster in bella vista nelle vetrine delle agenzie viaggi e amici che partono e mi mandano foto da ogni angolo del Sol Levante.
I miei buoni propositi di risparmio si sciolgono come neve al sole e lasciano il posto a un “forse si potrebbe anche fare”, “magari a fine anno”, “se trovassi una buona combinazione volo e albergo a novembre/dicembre”…
Ma devo anche considerare il problema ferie: non posso abbandonare le mie colleghe per due settimane nel periodo più caldo dell’anno.
Dopo un rapido consulto in famiglia (= strisciare in ginocchio con occhi da cervo di Nara davanti a un biscottino) ottengo il “permesso” di scappare da casa già il giorno di Natale, la festa di Famiglia per eccellenza, e tornare dopo Capodanno, sfruttando le ferie aziendali.
E ho deciso, quest’anno si parte in solitaria.
Mi fiondo a prenotare, ma siamo già a fine agosto e offerte per la settimana di Natale me le scordo.
Alla fine, riesco comunque a ottenere un buon compromesso, con volo via Francoforte con ANA/Lufthansa e un albergo carino carino ad Asakusa. Partenza il 25/12 al mattino e rientro il 02/01 al pomeriggio.
Spendo chiaramente un po’ più di quanto avrei voluto (o potuto… prenotando a giugno), però gli orari dei voli sono ottimi e l’albergo è in posizione perfetta e ha la colazione.
Mentre inizio la programmazione, mi rendo conto che questo viaggio imprevisto sta diventando qualcosa di speciale.
Ho amato follemente tutti i miei precedenti viaggi in Giappone, ma sono sempre andata con amici o con mio fratello e – come è giusto che sia – nella programmazione abbiamo sempre tenuto conto dei desideri/budget di tutti.
Questa volta è un viaggio breve, ma è solo mio.
Non ci sono limiti, se non il mio portafoglio e la mia fantasia. Non ci sono cose “da turisti” e “da intenditori”, ma solo le cose che voglio fare o che ho sempre voluto fare.
Spulcio la mia bucket list per il Giappone e mi do da fare. Nel giro di un paio di giorni il viaggio prende forma.
Sono solo 7 giorni pieni a Tokyo, ma il programma è di quasi 20 pagine e ho programmato anche gli orari delle metro. Sono sommersa dai vouchers di ingressi, escursioni e quant’altro.
Dato che starò sempre a Tokyo città non ho previsto JR Pass, ma ho acquistato un abbonamento combinato Tokyo/ Toei metro da abbinare alla mia fida Suica per i pochi viaggi in JR e Monorail.
Ho organizzato tutto nei minimi particolari, anche a livello di trasporti, ottimizzando le escursioni in modo da poter arrivare ovunque con una metro diretta o al massimo facendo un solo cambio.
Ad esempio, il 31/12 sono andata a Ginza, Tokyo Station e Ikebukuro, spendendo in tutto 100Y oltre all’abbonamento: metro diretta da Asakusa a Ginza, bus da Ginza a Tokyo Station, metro diretta da Tokyo Station a Ikebukuro e metro da Ikebukuro a Asakusa con cambio veloce (studiato sulla app in modo da dover camminare il meno possibile).
In 7 giorni ho usato la Suica forse 4-5 volte.
Un viaggio come questo è uno di quei casi in cui fare i compiti a casa paga.
L’albergo è tatticamente piazzato ad Asakusa, a 300 m dalla Nakamise-dori e con 3 linee metro nell’arco di 200m (Asakusa Line, Oedo Line, Ginza Line), in modo da coprire comodamente tutta Tokyo.
Ovviamente c’è la connessione diretta con Haneda e – udite udite – l’uscita metro davanti all’albergo ha l’ascensore che porta fino ai binari.
Il viaggio di andata è tranquillo, con ANA si viaggia benissimo. Silenzio e tranquillità e riesco anche a dormire qualche ora. Il cibo sembra buono, ma da anni non mangio in aereo e sgranocchio quel che mi sono portata da casa.
Appena arrivo ad Haneda, alle 16 del 26/12, passo l’immigrazione e ritiro i miei pass per la metro (3 pass per coprire 7gg) e la sim per il cellulare.
Tutto fila più che liscio e prima delle 18 sono nella mia cameretta (Hotel Hokke Club Asakusa).
Temevo che avrei dormito in un loculo, ma per gli standard locali la camera è quasi grande.
C’è un bel lettone da una piazza e mezza, comodo e con due cuscini di diversa consistenza. Perfetto.
Corro subito a mangiarmi un piattone di Gyoza e una crèpe panna e fragole, poi mi perdo in ammirazione del Senso-ji e – prima che me ne renda conto – sono già le 10 di sera. Sono in giro da quasi 26 ore e neanche me ne accorgo.
27/12/18
Il 27/12 mi sveglio prestissimo, colazione (fantastica, c’è di tutto) e parto alla volta di Minato.
Oggi sarà un primo giorno speciale: ho appuntamento con la mia maestra di giapponese, Kimura-Sensei che viene apposta da Kobe per passare la giornata con me.
Il tempo è semplicemente stupendo. Cielo azzurro e temperatura primaverile, serve solo una giacca leggera.
Io e la maestra siamo inarrestabili, partiamo alle 8:45 e nel giro di due ore esploriamo il Seisho-ji, Atago-Jinja e la sua malefica scalinata, Hie-Jinjia e poi finiamo al Taro Okamoto Memorial Museum a Omotesando, un posto decisamente particolare.
La maestra si è auto-incaricata dei vettovagliamenti e ha deciso che devo provare tutta la cucina giapponese in un solo pasto. Ci manca solo che mi leghi ad una sedia e mi imbocchi a forza.
A pranzo compra 3 menu set per due persone (riso, due diverse zuppe di miso, hambaagu, carne alla griglia…) e io esco dal ristorante rotolando, mentre lei è tutta contenta.
Per il pomeriggio invece ho prenotato io un tour di 6 ore con fotografo professionista.
Un’escursione a metà strada tra un giro turistico e un corso di fotografia.
Dato che manca ancora un’ora e mezza all’appuntamento con il fotografo e la maestra non c’è mai stata, saltiamo su un taxi e ci facciamo portare al Meiji-Jingu. Sarà l’orario, ma non è per nulla affollato e ci godiamo una passeggiata tranquilla in mezzo al verde. Il santuario è in restauro, ma si può vedere quasi tutto. Siamo fortunate.
Dopo il santuario raggiungiamo il Sunny Hills Minami Aoyama, un’altra idea della maestra: un palazzo progettato da Kengo Kuma, che è un concept design, ma anche una pasticceria e che sembra un ananas.
La descrizione è un po’ folle, ma anche il posto.
È stranissimo, ma vale la pena vederlo: vendono solo due tipi di dolci (torta di ananas e torta di mele), ma è prevista anche una degustazione gratuita con tè. La maestra prosegue con il suo piano di ingrasso (non che ce ne sia bisogno) e mi fa mangiare anche il suo dolce. Non arriverò viva alla fine della giornata.
La vista dalla terrazza della Pineapple House è notevole.
Alle 14:00 in punto incontriamo Lukasz, il fotografo, che ci accompagnerà in giro per Tokyo.
Il tour si snoda tra Omotesando, Shibuya e Shinjuku. Sono zone che ho già visto in passato, ma il fotografo si concentra sugli scorci inusuali e sulle migliori inquadrature, facendomi provare tecniche fotografiche nuove e davvero interessanti. Il tempo vola e imparo tante cose nuove divertendomi.
Il tour finisce alle 20, dopo esserci concentrati sulle foto notturne a Shinjuku.
Secondo il cellulare della maestra abbiamo camminato per più di 20 km. Ecco perché mi fanno male i piedi!
Siamo stanchissime, ma felici, e la maestra mi comunica esultante il suo grande segreto: ha un buono omaggio da spendere per la cena in un family restaurant della zona. Vale ben 5000 yen e dobbiamo spenderlo tutto.
Seratona da Jonathan: la cena è una replica del pranzo, ma mi rimpinza ancora di più… antipasto, due secondi, due contorni e litri di succo di mela.
Alle 21 ci salutiamo (per quest’anno) e rientro in albergo dopo una giornata ricca di esperienze nuove ed emozioni.
28/12/2018
Il 28/12 sono di nuovo sveglia all’alba.
Il jet lag si fa sentire, purtroppo, ma ne approfitto per un giretto ad Asakusa prima dell’arrivo delle folle oceaniche e poi affronto la prima “experience” in programma per la giornata.
Desidero da molti anni fare una “Kimono experience” in Giappone, ma non si è mai presentata l’occasione giusta. Stavolta ci siamo, ma – viaggiando da sola – l’opzione noleggio e selfie mi sembra molto triste.
Oltretutto, il noleggio dei kimono “seri” di seta e di alta qualità è molto costoso e quelli “standard” che ho già visto addosso alle cinesine al Senso-ji non mi attirano per nulla.
Ragion per cui… quello di stamattina è il regalo di Natale che mi sono fatta da sola, una “Kimono experience”, ma molto particolare: non noleggerò il kimono, ma andrò in uno studio fotografico di Meguro, dove potrò scegliere tra molti kimono “deluxe”, mi pettineranno e truccheranno professionalmente e poi mi faranno delle foto in studio. Alla fine, mi daranno due foto stampate e altre 80 (che poi diventeranno 90) su un dvd.
Ho scelto il “Piano Principessa” e mi trattano davvero come tale.
La mattina passa in un attimo, tra trucco e parrucco, scelta degli abiti da indossare, vestizione e foto. Le ragazze dello studio fotografico sono simpaticissime e piene di entusiasmo e io mi sento una fotomodella nonostante la taglia curvy.
A mezzogiorno la magia finisce e Cenerentola rientra ad Asakusa, ma è stata una mattina indimenticabile.
Nel pomeriggio ho programmato un’escursione a Katsushika/Shibamata.
Katsushika è un sobborgo appena fuori Tokyo, ma molto tranquillo, dove la vita sembra essersi fermata negli anni ’50. Le case sono basse e c’è molto verde.
La zona del tempio Kyoei-zan Daikyoji e la Shibamata Taishakuten Sando ricordano, in piccolo, Asakusa. I colori sono diversi e c’è pochissima gente, ma l’atmosfera è ugualmente magica.
Mi concedo anche un tè verde nella Yamamoto-Tei, una dimora storica perfettamente conservata.
Concludo la gita “fuori porta” con una passeggiata in riva al fiume al tramonto.
In tarda serata rientro ad Asakusa. Cena veloce e senza pretese con street food e poi riprendo la mia esplorazione notturna della zona attorno al Senso-ji.
Mi sono armata di teleobiettivo e mini-treppiede e quasi congelo sulla terrazza dell’Asakusa Culture and Tourism Center, però lo spettacolo toglie il fiato e resto appollaiata lassù fino all’ora di chiusura.
Oltretutto, è venerdì sera e mi rifiuto di rientrare in albergo alle 21, così decido di folleggiare.
E chi se ne frega se sono sola: me ne vado un’oretta al karaoke, dove canto a squarciagola canzoni di anime anni ’70-80 e vengo quasi adottata da un gruppetto di giapponesi un po’ bevuti.
Sono 3 coppie sulla sessantina che, dopo avermi visto all’ingresso del Big Echo in attesa che si liberasse la mia saletta, sono molto incuriositi da un’occidentale al karaoke da sola ad Asakusa. Quando gli spiego lo scopo della serata… non mi credono assolutamente e mi interrogano per vedere se sono preparata… uno di loro deve avere un trascorso da mezzo otaku degli anni Settanta, perché mi sfida su canzoni toste. Non ricordo tutte le parole, ma le melodie sì e vinco agevolmente la gara con un medley di “Combattler V” e “Tiger Mask” con annessa coreografia, mentre gli altri giapponesi in attesa sogghignano. Il gruppo va in visibilio e mi invita perfino ad andare a cantare con loro, ma non vorrei trovarmi a cantare canzoni neomelodiche giapponesi o enka per tre ore e non voglio intromettermi nella loro serata, così declino gentilmente.
Dopo la mia sessione di canto torno, stanca ma contenta, in albergo.
29/12/2018
Il 29/12 non ho programmato nulla fino alle 11, la giornata è fresca, ma stupenda, e alle 8:30 sono già “colazionata” e appostata sotto il Kaminarimon.
Compro qualche regalino e scatto un milione di foto e poi, appena il sole si alza abbastanza e i rossi diventano più vivaci, torno sulla terrazza del Asakusa Culture and Tourism Center per un altro po’ di foto.
Sono ufficialmente innamorata del Senso-ji e dei colori della Nakamise-dori.
Che meraviglia con il cielo terso e limpido!
Al momento di scendere, Tokyo mi fa un altro regalo inaspettato: da un angolo della terrazza si vede il Fujisan innevato. Solo la punta, certo, ma l’emozione mi toglie di nuovo il fiato.
Alle 11 mi costringo a lasciare Asakusa e mi lancio sulla metro in direzione di Omori.
Il programma del pranzo prevede un’experience decisamente turistica, ma visto che a Kyoto non sono mai riuscita a farlo ci ho provato a Tokyo: pranzo in una tea house con l’intrattenimento di una geisha del quartiere di Omori.
Lo spettacolo non ha certamente la magia delle danze delle maiko a Kyoto ed è chiaramente orientato ai turisti, ma è una buona introduzione e anche molto interessante.
Temevo che fosse una cosa molto turistica… un po’ lo è, ma è anche molto divertente e non mi pento di averla fatta.
Dopo pranzo sono praticamente di strada per Odaiba e in una ventina di minuti mi ritrovo davanti alla Liberty Statue, con un vento di tramontana che fa rotolare i bambini e crea non poche difficoltà di movimento anche agli adulti.
Come da migliore tradizione quando sono a Odaiba, appena scende il buio (e a Tokyo a dicembre fa buio prima delle quattro del pomeriggio) ogni punto di riferimento sparisce e mi perdo.
I camminamenti per pedoni diventano delle autostrade senza cartelli e, frastornata dal vento, vago per 5 km buoni (quando invece avrei dovuto fare 300m), ma alla fine ritrovo l’orientamento e giungo alla meta.
Solito giro “canonico” per i centri commerciali e al Gundam Front e poi cerco di riportarmi sulla costa per fare le foto al tramonto, ma l’impresa si rivela ardua: il vento rende molto difficile fare foto non mosse e – in previsione dei fuochi artificiali in programma per la sera – ci sono centinaia di fotografi già piazzati con sedie, sgabelli e treppiedi giganti, tatticamente legati con nastro adesivo alle balaustre. Faccio perfino fatica ad arrivare a vedere la baia.
Chiedo gentilmente a due fotografi attempati di lasciarmi montare l’attrezzatura tra i loro cavalletti per un paio di foto al crepuscolo e quando vedono il mio mini-treppiedi con portata da 1 kg e alto 25 cm cominciano a ridere apertamente e a prendermi in giro. Hanno ragione, niente da dire.
Mi unisco alle risate e piazzo le mie tre foto, poi ringrazio e vado a cercarmi un posto riparato per ammirare i fuochi.
I fuochi sono proprio sotto il Rainbow Bridge e sono uno spettacolo davvero notevole.
Per 10 minuti il cielo di Tokyo è illuminato da hanabi di tutte le fogge e colori. Il gran finale è un susseguirsi di fuochi uno più bello dell’altro.
Distrutta dalla stanchezza e dal vento, passo la serata all’Oedo Onsen Monogatari, a mollo nell’acqua bollente e, già che ci sono, ne approfitto per un massaggio e uno scrub.
Sulla via del ritorno sfrutto il cambio treno obbligato e mi fermo 10 minuti a Shiodome per vedere le luminarie natalizie del centro commerciale Caretta Shiodome appena prima della chiusura per la notte.
30/12/2018
Domenica 30 dicembre ho prenotato un’escursione a Kagurazaka con guida.
Non è complicato arrivarci e avrei potuto sicuramente far da sola, ma la guida lavora come “assistente culturale” e, nonostante per il Capodanno sia quasi tutto chiuso, è riuscita ad organizzarmi una cerimonia del tè semi-privata con un maestro e la sua assistente.
Il maestro ci ospita a casa sua e ci spiega lo scopo della cerimonia e tutto quello che avviene, dal modo corretto di scaldare l’acqua (partendo con il posizionare il carbone nel modo giusto nel braciere!) e il significato dei gesti, ma anche l’arredamento della sala e l’importanza dell’ambiente e delle decorazioni. Il tutto dura un’ora abbondante ed è un’esperienza interessantissima.
Dopo la cerimonia mi sposto a Yanaka Ginza per una passeggiata nella zona commerciale (street food!!!) e per visitare la zona dei cimiteri tra Yanaka e Ueno. Un’oasi di pace e tranquillità nel centro della metropoli.
A pranzo polpette di maiale fritto e… panino con wurstel di una panetteria tedesca della stazione di Ueno. Posso garantire – con cognizione di causa – che hanno dolci e specialità tedesche migliori che in Germania.
Nel pomeriggio, rinfrancata dagli spuntini, mi sento temeraria e dopo essermi riposata un’oretta in camera faccio la mia tradizionale vista alla Tokyo Tower.
Quest’anno resto un po’ delusa, però…
La Tower è presa d’assalto da orde di turisti e, soprattutto, una buona metà delle finestre è bloccata dai lavori di ristrutturazione. La vista è sempre magnifica, ma non c’è il “momento wow” e dopo una decina di minuti scendo e mi sposto verso Shibuya e Harajuku.
Sprezzante del pericolo mi tuffo sullo Shibuya Scramble per fare qualche foto, ma c’è la folla delle migliori occasioni.
Impossibile anche solo pensare di entrare da Starbucks e conquistare un posto con vista e il Rooftop dello Shibuya 109 è chiuso per il Capodanno.
Ripiego agevolmente sul corridoio di collegamento tra la Yamanote e la Keio Inokashira line in stazione e, finalmente, riesco a godermi la vista dall’alto sull’incrocio.
Come premio per le mie fatiche, mi concedo una fetta di Christmas Cake da Ginza Cozy Corner e riparto per Harajuku.
Sulla Takeshita-dori regna il delirio più totale, fantastico.
Mi unisco alla folla e mi lascio trasportare dal flusso umano. Conquisto un paio di chili di regali low cost al Daiso e, a guisa di cena, mi compro il fantastico Rainbow Toast con il formaggio di sette colori diversi.
Grado di tossicità incalcolabile, ma andava fatto.
A malincuore rinuncio alle altre leccornie e mi sposto verso Omotesando, dove ho appuntamento con una ragazza italo-giapponese per un “inside tour” di Shinjuku.
Cominciamo la serata bevendo qualcosa in un bar che visto da fuori sembra una catapecchia o la cuccia di un cane (anche per le dimensioni), ma che in realtà è un localino a conduzione familiare, 10 metri quadri e 10 posti a dir tanto. Socializziamo un po’ con i locali e poi ripartiamo.
Da Shinjuku sono passata tante volte, ma non l’ho mai esplorata, bisogna ovviare alla lacuna.
La serata è gelida a dir poco, non fa solo un gran freddo, ma tira di nuovo vento di tramontana e si resiste solo grazie ai kairo (scaldini portatili) nelle tasche.
Giriamo Shinjuku by night in lungo e in largo.
Il Metropolitan Building è chiuso per le festività, ma non è una sorpresa, così in alternativa saliamo al 50° piano del Shinjuku Nomura Building.
Il riflesso sui vetri complica la vita per le foto, ma gli occhi bastano e avanzano.
Dopo la discesa ci rifocilliamo con un ramen caldo e poi torniamo verso la zona dei locali (Omoide-yokocho e Golden Gai), che esploriamo con calma.
Come premio per le nostre fatiche, incontriamo anche il famoso Tiger Mask di Shinjuku.
Non possiamo chiedere di più e a mezzanotte torno in albergo ancora una volta stanca, ma molto soddisfatta.
31/12/2018
Il 31/12, San Silvestro, ho un programma abbastanza “soft” per i miei standard.
Mi alzo con calma e arrivo a Ginza per le 10, in tempo per mettermi in fila per l’apertura dei grandi magazzini Mitsukoshi, con la musichetta che suona e i commessi che si inchinano all’ingresso dei clienti.
Mi prudono le mani dalla voglia di comprarmi almeno un fazzolettino, ma i prezzi – anche nel cestone delle offerte – sono da milionari.
Passeggio per Ginza con calma e senza una meta precisa, compro un’agendina e un paio di pantofole da viaggio da Itoya, faccio qualche foto al Kabuki-za e per pranzo mi concedo un menu set con tisana alla frutta al Ginza Cozy Corner.
Anche oggi il tempo è splendido, cielo azzurro e neanche una nuvoletta.
Verso le 13 mi sposto alla Tokyo Station per comprare un po’ di merchandising e regalini alla Character Street, sfidando la calca… ma come posso vivere senza la crema per le mani di Lady Oscar? Suvvia!
Alla stazione c’è una folla impressionante, metà del Giappone parte per andare a trovare i parenti in campagna e l’altra metà viene a trovarli Tokyo. Ci metto 15 minuti abbondanti a trovare un coin locker libero per scaricare la roba che ho addosso e la giacca.
È una folla ordinata, ma ci sono davvero migliaia di persone.
Verso le tre finisco le compere, sgranocchio un paio di Kit Kat alla mela (che buoni!!!) e me ne vado ad Ikebukuro.
Sono stata già altre volte ad Ikebukuro, ma stavolta ho comprato i biglietti con “salta la coda” per l’osservatorio al sessantesimo piano del centro commerciale Sunshine City. Arrivo giusta giusta per l’inizio del tramonto, il cielo è limpido, ma non riesco a vedere il Fuji.
Sono disperata e chiedo aiuto ai primi “locali” che trovo, una specie di lottatore di sumo gigante con i capelli biondo platino e la sua fidanzatina, che mi accompagnano alla finestra giusta.
I miei squittii di gioia e i miei ringraziamenti devono averli convinti della mia gratitudine, al punto che mi regalano una ciambella dolce. Favoloso!
La vista del Fuji da Ikebukuro è veramente spettacolosa e resto appollaiata lì sul mio sgabello per due ore, per cogliere tutte le sfumature del tramonto.
Appena si fa buio torno in albergo per prepararmi al cenone dell’ultimo dell’anno.
Ho prenotato la cena buffet all’ultimo piano dell’Hotel Asakusa View. La prenotazione (abbastanza salata) garantiva un tavolo con vista e non era una bugia: il panorama è così magnifico da farmi quasi passare l’appetito.
Al buffet c’è di tutto, cucina giapponese e fusion ed è tutto buonissimo, ma dopo un’oretta sono sazia e non resisto al richiamo del Senso-ji.
Dato che al Senso-ji ho trascorso almeno 3 sere dal mio arrivo, per l’ultimo dell’anno avrei programmato di andare allo Zojo-ji che è relativamente vicino e molto bello, proprio sotto la Tokyo Tower, però visto che è ancora presto, mi faccio comunque un bel giro tra le bancarelle, dove personaggi folcloristici vendono ogni sorta di leccornia (o nefandezza, dipende dai gusti) festaiola.
Verso le 22 arrivo finalmente allo Zojo-ji e mi godo lo spettacolo del Capodanno, con la visita al tempio, l’arrivo dei monaci buddisti e le cerimonie rituali di passaggio dal vecchio al nuovo anno con gli abiti di gala.
La coda per la prima visita al tempio dopo il Capodanno (hatsumode) è impressionante e io rinuncio velocemente all’impresa e mi godo lo spettacolo dalle retrovie e assistendo ai 108 rintocchi di campana che annunciano l’arrivo del nuovo anno.
Alla fine della serata appena fuori dal tempio mi incontro con Fabrizio, l’amministratore del gruppo Facebook nonché webmaster di questo sito, e il suo amico Luca.
Anche loro alloggiano ad Asakusa e ne approfittiamo per fare il viaggio di ritorno in metro in compagnia e fare quattro chiacchiere.
01/01/2019
Il giorno di Capodanno è il mio ultimo giorno pieno a Tokyo e ho un programma ambizioso. Voglio indossare il mio kimono (kimono vero, completo con tutti gli accessori) e andare al Senso-ji vestita.
Ma non ho fatto i conti con la testardaggine del mio obi da 4 metri e le dimensioni della camera, che rendono difficili le operazioni davanti allo specchio.
Ci provo per un bel po’, poi – frustrata e arrabbiata – rinuncio e esco in tuta da ginnastica e di corsa, perché ho prenotato un giro in risciò di un’ora.
La folla al Senso-ji e la coda per entrare nella Nakamise-dori sono pazzesche, ma ci sono decine di persone del servizio d’ordine a regolare il flusso e i giapponesi sono pazienti ed educati e non ci sono particolari disagi.
Il tour in risciò è divertente e mi porta nelle aree meno esplorate di Asakusa. Faccio il mio hatsumode in un tempio molto antico in un complesso alle spalle del Senso-ji. Il tempio è piccolo e raccolto e frequentato quasi solo da locali. Davvero bello.
Dopo il tour passeggio un po’ per Asakusa e poi torno in albergo a riposarmi.
Per il pomeriggio ho programmato solo lo SkyTree al tramonto e prima di uscire, più sveglia e rilassata, riprovo l’operazione kimono. Stavolta l’obi collabora e – vestita di tutto punto – vado allo Sky Tree.
Anche oggi il Fuji si staglia chiaro all’orizzonte e resto un paio d’ore a godermi lo spettacolo del tramonto.
Esausta (e con un mal di piedi non indifferente) torno in hotel, mi rimetto “in borghese” ed esco per la mia ultima passeggiata ad Asakusa per questo viaggio.
Per le 20 la coda al Senso-ji è quasi finita (!!) e l’atmosfera si fa meno festosa e più raccolta, si alza l’aria fredda e, dopo essermi riempita gli occhi di questa meraviglia per un po’ e aver fatto altre 100 foto, torno in hotel a fare i bagagli.
02/02/2019
La mia vacanza è agli sgoccioli, così come i miei Yen… a mezzogiorno devo prendere il treno che mi porterà ad Haneda per rientrare a casa.
Mi resta qualche ora libera e ho un’idea folle: vedere l’Imperatore Akihito, che sta per abdicare (30/04/2019).
Il 2/01 c’è la tradizionale apertura dei cancelli del Palazzo Imperiale di Tokyo per gli auguri di Capodanno della famiglia imperiale al popolo e quest’anno sarà un evento di portata storica.
Voglio esserci a tutti costi.
Sono previste 5 uscite della famiglia imperiale. La prima alle 10:10, poi una volta all’ora circa fino alle 15. Io devo tassativamente entrare con il primo squadrone e so che sarà dura.
Mi sveglio all’alba e all’apertura della sala colazione (6:30) sono la prima della fila. Mangio abbastanza tempura da bastarmi fino al 2020, mollo le valige, salto su un taxi e alle 6:55 sono sul posto, sperando di essere tra i primi.
Dimentico sempre che i giapponesi sono maestri di coda organizzata.
Davanti a me ho migliaia di persone e non c’è modo di capire se riuscirò a entrare in tempo o no. Sembra che sia l’unica occidentale in giro (vedrò solo un altro europeo in tutta la mattina) e attiro la curiosità dei locali. Due attempate signore, venute apposta da Osaka, cominciano a parlare con me e ne nasce una conversazione che, in qualche modo, va avanti per un paio d’ore, mentre le altre persone in fila ci guardano un po’ stupite. Si parla della giornata, del freddo, di cultura giapponese e ci scambiamo gli auguri di buon anno.
Tutto rigorosamente sottovoce, perché è una folla straordinariamente silenziosa e ordinata. Si respira aria di festa, ma c’è anche un senso di attesa notevole, tanta emozione e io sono sempre più felice di essere lì.
Ogni 10 minuti ci fanno avanzare di qualche metro, in una processione ordinata che si snoda lungo un percorso stile Pacman, tra transenne e poliziotti che invitano alla calma (e sono molto più agitati di noi). Alla fine, dopo le 9, passati i controlli di sicurezza, mi ritrovo nella fila 12 di 15 del secondo blocco in coda per l’ingresso. Mi rendo conto che ogni fila “ospita” 1.000 persone e che davanti a me ho 9.000 persone nel mio blocco più altre 15.000 del blocco davanti al mio.
La folla in attesa alle mie spalle, che deve ancora essere incanalata, è oceanica e per me incalcolabile.
Alle 9:30, quando ormai dispero veramente di potercela fare e sto per mollare, i cancelli si aprono e ci fanno entrare, fila per fila, a passo veloce, ma con ordine.
Incredibile ma vero, alle 10:05 sono sotto la terrazza del palazzo imperiale, neanche troppo lontana dalle prime file. Assisto al discorso dell’Imperatore Akihito, ma anche alle emozioni fortissime di chi intorno a me intona spontaneamente l’inno nazionale giapponese con le lacrime agli occhi.
Quella che all’inizio era nata come una curiosità si rivela una delle esperienze più incredibili che io abbia mai vissuto.
Decido di ritornare all’hotel per la via più lunga, uscendo dal cancello più lontano dal palazzo e assaporando fino in fondo questo momento.
Alle 11:30 sono di nuovo in hotel, riprendo i bagagli e comincia il viaggio verso casa.
All’arrivo in Italia scopro che il 02/01 al discorso dell’Imperatore, su 5 turni, hanno assistito circa 156.000 persone.
Sto già lavorando al prossimo viaggio.
Autore e foto
Erika Passerini