Le storie giapponesi
Il Giappone è entrato nella mia vita quasi per caso. Inizialmente l’interesse per questo paese mi è stato trasmesso da mio marito, grande appassionato dell’arte, della filosofia giapponese e dei cartoni animati di Hayao Miyazaki. Poi questo interesse è cresciuto e diventato una costante grazie all’amicizia con Kaori, una ragazza giapponese che avevo conosciuto a Bologna dove lavoravamo insieme in un’azienda di moda. Dopo essere tornata a Roma non ho perso i contatti con Kaori, che è rimasta a Bologna, così continuiamo a sentirci e vederci ogni tanto. Grazie a Kaori ho conosciuto anche altri ragazzi giapponesi con i quali ci siamo incontrati anche durante il nostro viaggio in Giappone nel dicembre del 2008. Proprio in quel viaggio ho avuto la possibilità di scoprire tante cose su questo paese e sul suo popolo. Alcune di queste scoperte o semplicemente piccoli episodi di quel viaggio li vorrei condividere qui con voi 🙂
Come un ragazzo giapponese ci ha aiutato a trovare la strada per il Castello
I giapponesi sono molto discreti e direi quasi distanti, un po’ staccati, soprattutto con gli sconosciuti o gli stranieri. Certo, se ci capitava di fermare qualcuno per strada o in metro e chiedere delle informazioni nessuno si tirava indietro e cercava di aiutarci. Per questo motivo siamo rimasti letteralmente sorpresi e a bocca aperta quando a Kyoto un ragazzo giapponese si è avvicinato ed ha iniziato a parlarci in inglese. Stavamo ad un incrocio con la mappa in mano cercando di capire come arrivare al Castello. Devo confessare che in un primo istante pensavamo che il ragazzo ci chiedeva qualche moneta, come capita ormai spesso per le strade turistiche in Europa. Perciò siamo rimasti un po’ imbarazzati pensando “E ora che cosa dobbiamo fare?!”. Invece lui, gentilissimo, insisteva indicando la mappa. A quel punto abbiamo capito che voleva solo aiutarci e chiedeva dove dobbiamo andare. Così infine, grazie ai gesti, un inglese scolastico e sorrisi ci siamo capiti.
Mangiando ramen a Kyoto
Una sera faceva davvero freddo. Volevamo mangiare qualcosa di nutriente e caldo, così passeggiando per le strade di Kyoto abbiamo notato una piccola vetrina illuminata che ci invitava ad entrare. Appena entrati siamo subito finiti in una minuscola saletta dove c’erano tre piccoli tavolini e un banco che divideva la sala dalla cucina. Non c’era nessuno, solo una copia al banco – la signora di mezza età e il signore con i cappelli bianchi. Stavano guardando la partita di calcio alla TV appeso in alto alla parete. Appena entrati ci hanno sorriso invitandoci a sederci ad uno dei tavoli. Anche se eravamo intimiditi dal fatto di essere gli unici clienti ci sembrava brutto andare via, e poi il posto era comunque carino anche se molto semplice, quindi abbiamo accettato il loro invito. La sensazione era come se stessimo a casa di qualcuno, non in un ristorante. Ci hanno portato il menu con delle fotografie dei piatti e abbiamo scelto ramen, specialità del ristorante. È una zuppa leggermente piccante con noodles, verdure, uova e carne, tutto tagliato grossolanamente. Molto buona! Ma c’è un aspetto particolare: mangiare una zuppa così con i bastoncini è davvero difficile. Inoltre quando risucchi dei noodles per forza cominci a fare con la bocca dei suoni buffi ed inaccettabili in Europa. Ma in Giappone fare così mentre stai mangiando è assolutamente normale. Insomma, all’inizio, quando ci hanno portato le due scodelle fumanti (preparati tra l’altro immediatamente, davanti ai nostri occhi) non sapevamo come fare. Sentivamo che i padroni del ristorante ci osservavano e si divertivano un sacco nel vedere i nostri gesti timidi e insicuri, da imbranati. Ma poi, piano-piano, con il caldo che la zuppa distribuiva nei nostri corpi, ci siamo rilassati e abbiamo mangiato senza badare troppo alle formalità tutte europee. È stata una bella serata, infine siamo riusciti a parlare un po’ in inglese, la coppia ci ha lasciato il loro biglietto da visita, hanno chiesto di dove siamo e quale fosse la nostra squadra di calcio del cuore.
L’incontro e foto a delle geishe a Kyoto
Era la fissa di mio marito – fare dei ritratti a delle geishe! Ci hanno spiegato che è una grande fortuna poter incontrare delle geishe per strada, senza parlare di fare loro delle foto. Però siamo stati davvero fortunati e un giorno abbiamo visto in lontananza, in fondo ad una stradina in salita un gruppo di geishe. Mio marito ha allungato il passo e quando è riuscito a raggiungerle ha trovato il coraggio di chiedere, con un po’ di emozione, di poterle fotografare. Sarà stata la pena per il nostro fiatone, ma loro ci hanno fatto questo grandissimo regalo e così abbiamo degli scatti preziosi di geishe di Kyoto!
Un viaggio a Nikko
Nikko è un posto bellissimo, situato sulle montagne, dove regna un’atmosfera zen. Qui ci sono tanti templi buddisti e scintoisti, un ponte sacro e le cascate. È il Giappone provinciale, dove la gente è diversa da quella di Tokyo. Dopo un’intera giornata passata a vedere dei templi tornando alla stazione abbiamo trovato un negozietto sulla strada principale della città che vendeva kimono e obi second-hand a prezzi stracciati. Per di più la commessa parlava benissimo inglese (una rarità anche a Tokyo, figuriamoci a Nikko!). Ci ha detto che era stata in Italia qualche anno prima ed era innamorata del nostro paese. Peccato che avevamo fretta, altrimenti avrei comprato metà del negozio!
Che cosa altro mi ha colpito in Giappone?
I surfisti stile californiano a Kamakura in pieno inverno.
I guanti bianchi degli autisti di autobus e tassisti.
La disinvoltura e l’eleganza con la quale molti, sia donne che uomini, portano gli abiti tradizionali.
Gli inchini, i giapponesi si inchinano sempre, anche in telegiornale e sullo schermo di bancomat!
L’acqua freddissima con il ghiaccio servita gratuitamente in tutti i bar e ristoranti.
Autore e foto
Iana Nekrassova